LEGGIAMO UN PEZZETTO!!
...
Il gatto, ogni tanto, si risvegliava dal suo torpore. Acciambellato sul pavimento, nel quadrato di sole che entrava dalla finestra, apriva gli occhi e rivelava la sua esistenza con un sonnacchioso miagolio. Un solo verso, tedioso, rivolto a una delle piastrelle di ceramica che ricoprivano la parete dietro i fornelli.
Il bambino Polanca, allora, distoglieva l’attenzione dai suoi giochi e riponeva sul tavolo il tassello del puzzle che stava cercando di incastrare. Guardava il gatto.
«Mamma, il gatto ha detto miao un’altra volta» diceva, rivolto alla madre.
La mamma, intenta a lavare i piatti, era talmente immersa nei suoi pensieri che lasciava cadere nel nulla l’osservazione del bimbo. Allora Polanca ripeteva la frase con un po’ di vivacità: «Ma’, il gatto ha detto miao!».
Solo al quarto tentativo riusciva a ottenere l’attenzione richiesta: «E perché ha detto miao, il matto?»
«Perché ha visto il pesce disegnato nella maiolica».
La donna non si voltava. Nella cucina si sentiva solo il rumore delle stoviglie riposte nello scolapiatti e quello dell’acqua che scendeva nel lavello. Il pesce marrone, con la testa grande e gli occhi gialli, sembrava un mostro preistorico. Polanca lo guardava. E, di nuovo, guardava il gatto. L’animale, dopo qualche minuto, ripeteva il suo verso.
Poiché non succedeva nient’altro, il bambino premeva il tasto del telecomando. Il telegiornale diceva cosa bisognava fare per arrivare in forma alla prova costume da bagno. Subito dopo, un tale con la cravatta, diceva la parola cattocomunista. Allora il micio allungava una zampa posteriore per sgranchirsi. Poi sbadigliava e lentamente se ne andava a cercare la sua ciotola. Polanca si ritirava nella sua cameretta e pensava ai sottomarini.
Il gatto, ogni tanto, si risvegliava dal suo torpore. Acciambellato sul pavimento, nel quadrato di sole che entrava dalla finestra, apriva gli occhi e rivelava la sua esistenza con un sonnacchioso miagolio. Un solo verso, tedioso, rivolto a una delle piastrelle di ceramica che ricoprivano la parete dietro i fornelli.
Il bambino Polanca, allora, distoglieva l’attenzione dai suoi giochi e riponeva sul tavolo il tassello del puzzle che stava cercando di incastrare. Guardava il gatto.
«Mamma, il gatto ha detto miao un’altra volta» diceva, rivolto alla madre.
La mamma, intenta a lavare i piatti, era talmente immersa nei suoi pensieri che lasciava cadere nel nulla l’osservazione del bimbo. Allora Polanca ripeteva la frase con un po’ di vivacità: «Ma’, il gatto ha detto miao!».
Solo al quarto tentativo riusciva a ottenere l’attenzione richiesta: «E perché ha detto miao, il matto?»
«Perché ha visto il pesce disegnato nella maiolica».
La donna non si voltava. Nella cucina si sentiva solo il rumore delle stoviglie riposte nello scolapiatti e quello dell’acqua che scendeva nel lavello. Il pesce marrone, con la testa grande e gli occhi gialli, sembrava un mostro preistorico. Polanca lo guardava. E, di nuovo, guardava il gatto. L’animale, dopo qualche minuto, ripeteva il suo verso.
Poiché non succedeva nient’altro, il bambino premeva il tasto del telecomando. Il telegiornale diceva cosa bisognava fare per arrivare in forma alla prova costume da bagno. Subito dopo, un tale con la cravatta, diceva la parola cattocomunista. Allora il micio allungava una zampa posteriore per sgranchirsi. Poi sbadigliava e lentamente se ne andava a cercare la sua ciotola. Polanca si ritirava nella sua cameretta e pensava ai sottomarini.
di Bobboti [www.bardofulas.splinder.com]